Sembra proprio che le statine migliorino i risultati nella malattia delle arterie periferiche. Infatti, secondo i dati del Veterans Health Administration, l’uso di statine è associato a più bassi tassi di amputazione e mortalità nei pazienti con malattia delle arterie periferiche (PAD). La PAD colpisce fino a 12 milioni di persone negli Stati Uniti ed è causa annualmente 148.000 amputazioni importanti, ed oltre 1 milione in Italia. Ci sono prove limitate, tuttavia, sull’impatto della riduzione del colesterolo nel sangue sugli esiti dell’arteriopatia periferica.
Partendo da questa considerazione, alcuni ricercatori della Emory University School of Medicine di Atlanta, in Georgia, hanno utilizzato dati di 155.647 veterani (98% maschi) affetti da PAD per studiare l’impatto della terapia con statine e l’influenza sui risultati della PAD rispetto ad amputazione e mortalità. Al momento della diagnosi di PAD, il 38,8% dei pazienti era in trattamento con statine a dosaggio moderato e il 12,4% era in trattamento con statine ad alto dosaggio, mentre il 28,0% non aveva assunto alcuna statina.
A circa il 42% dei pazienti affetti da sola PAD non sono state prescritte statine, rispetto al 35% di quelli che avevano una diagnosi concomitante di stenosi dell’arteria carotidea, al 18% di quelli con una diagnosi concomitante di malattia coronarica e al 16% di quelli diagnosticati con tutte e tre le patologie. Dopo aggiustamento per età e altri potenziali fattori confondenti, le statine di bassa o moderata intensità sono state associate a una riduzione del 17% della mortalità e ad una riduzione del 24% del rischio di amputazione. Le statine ad alta intensità sono state associate a una riduzione del 30% del rischio di mortalità e una riduzione del 39% del rischio di amputazione.
Le conclusioni
“Dopo la diagnosi di PAD, un paziente dovrebbe iniziare una terapia con statine al più alto dosaggio che possa essere tollerato, proprio come si fa per la malattia coronarica (CAD), per ridurre il rischio di amputazione e morte per tutta la vita”, osservano gli autori dello studio. “È necessario porre tutta l’attenzione possibile sulla diagnosi precoce e sul trattamento della malattia arteriosa periferica, in particolare in assenza di malattia cardiovascolare (CAD), e questo da parte di tutti gli operatori sanitari, compresi i medici di base, i cardiologi e gli specialisti vascolari”