Il Journal of American Medical Association (JAMA Internal Medicine) ha pubblicato una ricerca su un’ampia popolazione (più di 44mila persone) che mostra chiaramente come il maggior consumo di alimenti di produzione industriale ultra-lavorati sia associato a un aumento del rischio di mortalità per tutte le cause.
Più nello specifico, la ricerca, condotta su 44.551 adulti francesi di età pari o superiore a 45 anni, ha rilevato che un aumento del 10% della quota di alimenti ultra-lavorati nella dieta abituale è statisticamente associato a un rischio maggiore del 14% di mortalità per tutte le cause.
Che cosa si intende per alimenti ultra-lavorati? Per definirli questo studio utilizza una recente classificazione, chiamata NOVA, che divide gli alimenti in quattro gruppi, secondo il grado di lavorazione a cui vengono sottoposti prima di essere consumati.
Il quarto gruppo, quello degli alimenti ultra-lavorati comprende i cibi preparati con cotture o sistemi di conservazione distinti da quelli della cucina domestica e soprattutto con additivi diversi dai normali condimenti utilizzati in cucina, come, per esempio, esaltatori del sapore o sostanze che modificano il gusto.
I cibi ultra-lavorati, quindi, non sono solo piatti pronti o cibi precotti, hamburger e carni lavorate, ma anche cereali per la colazione, marmellate e numerosi altri prodotti presenti nello scaffale del supermercato.
Lo studio francese
Per verificare i possibili legami tra il consumo di cibi ultra-lavorati e aumento del rischio di mortalità per tutte le cause i ricercatori hanno selezionato una coorte di adulti con un’età media di 45 anni che partecipano allo studio NutriNet-Santé. Si tratta di una grande ricerca, lanciata nel 2009, basata sulla compilazione di questionari on line che documentano la dieta quotidiana. I dati sono poi completati con informazioni socio-demografiche, stile di vita, attività fisica, peso, altezza e altri dati antropometrici dei partecipanti. Per questo studio è stato selezionato un gruppo di persone che nel periodo tra il 2009 e il 2017 aveva completato on line un set di 3 questionari alimentari nelle 24 ore, per almeno due anni.
I ricercatori hanno valutato per ogni partecipante la proporzione (espressa in peso) degli alimenti ultra-lavorati presente nell’alimentazione. La mortalità è stata valutata utilizzando CépiDc, il registro nazionale francese delle cause specifiche di mortalità. Rapporti di rischio (HR) e IC al 95% sono stati determinati per la mortalità per tutte le cause, utilizzando modelli statistici.
Sul totale di 44.551 partecipanti, di cui 32.549 (73,1%) donne, con un’età media al basale di 56,7 anni (DS 7,5), gli alimenti ultra-lavorati rappresentavano una proporzione media del 14,4% (DS 7,6%) del peso del cibo totale consumato, corrispondente a una percentuale media del 29,1% (DS 10,9%) dell’apporto energetico totale.
Durante il follow-up si è verificato un totale di 602 decessi (1,4%). Dopo aggiustamento statistico per una serie di fattori confondenti, un aumento della percentuale di alimenti ultra-lavorati consumati è risultato associato a un più alto rischio di mortalità per tutte le cause (HR per incremento del 10%, 1,14, IC 95%, 1,04-1,27; P = 0,008 ).
I ricercatori concludono che: “un aumento del consumo di alimenti ultra-lavorati sembra essere associato a un rischio complessivo di mortalità più elevato in questa popolazione adulta; sono necessari ulteriori studi prospettici per confermare questi risultati e per chiarire i meccanismi attraverso i quali i cibi ultra-lavorati possono influire sulla salute.”
Il significato della ricerca
Questo significa che ogni volta che mettiamo una lasagna pronta nel microonde richiamo la vita? Evidentemente non è così e la necessità di evitare inutili allarmismi è sottolineata da diversi commentatori. In ogni caso, lo studio è un’importante conferma scientifica di quello che ormai fa parte di una buona educazione alimentare, ossia che le preparazioni industriali non devono prevalere sui cibi freschi e preparazioni semplici.
Non a caso, il profilo socio-demografico dei partecipanti mostra che un maggior consumo di cibi ultra-lavorati corrisponde all’età più giovane, reddito inferiore, livello di istruzione inferiore, BMI superiore e livello di attività fisica inferiore.
Si tratta quindi di conferme e indicazioni importanti per le raccomandazioni di salute e anche per le scelte dell’industria alimentare