Quante volte ci siamo posti il problema: … ho qualche problemino di cuore, ma posso bere il caffè?
Particolare attenzione per la valutazione degli effetti del caffè è stata rivolta alla caffeina ivi contenuta, ma presente anche nel tè, nel cacao e aggiunta ad alcune bibite:in Italia una tazzina di espresso (circa 35 ml) fornisce 50 mg di caffeina, mentre una tazzina di moka (50 ml) ne fornisce circa 120 mg. Ne deriva che: il caffè del bar contiene meno caffeina del caffè di casa; il caffè “lungo” contiene in genere più caffeina di un caffè ristretto1.
In una tazza di caffè americano di 200 ml sono presenti 90 mg di caffeina, (ma tanto da noi non si beve!). Occorre però rilevare che nel chicco di caffè non trattato sono presenti 900 sostanze diverse: proteine, lipidi, carboidrati (solubili e insolubili), minerali, vitamine, polifenoli. La tostatura, più o meno accentuata, è decisiva per l’aroma e comporta la perdita per denaturazione di gran parte delle proteine, ma anche l’aumento della concentrazione di sostanze definite per brevità antiossidanti, attraverso la formazione di un fitocomplesso.
Numerose ricerche sono state condotte riguardo l’incidenza sulla salute umana di diverse quantità e tipi di caffè, sia con studi osservazionali che con studi randomizzati di intervento.
Suscita perciò interesse la pubblicazione recente su un’importante rivista internazionale il BMJ di una revisione sul tema compiuta su 219 studi che hanno esaminato le associazioni tra il consumo di caffè e qualsiasi risultato sulla salute in ogni popolazione adulta in tutti i Paesi ed in tutti i tipi di pazienti.
Il consumo di caffè era più spesso associato al beneficio che al danno in termini di risultati di salute; le stime riassuntive indicano che la maggiore riduzione del rischio era presente con assunzioni da tre a quattro tazze al giorno rispetto a nessuna, comprese tutte le cause di mortalità totale, mortalità cardiovascolare e malattia cardiovascolare. Inoltre un consumo elevato di caffè è stato associato, rispetto al basso consumo, a un rischio inferiore del 18% di cancro incidente.
Il consumo era anche associato a minor rischio di diversi tumori specifici e a patologie neurologiche, metaboliche ed epatiche. Associazioni nocive sono state in gran parte annullate togliendo dall’analisi il fumo come fattore confondente, tranne che in gravidanza, dove il consumo elevato di caffè contro consumo basso / nessun consumo è stato associato al basso peso al momento del parto (rapporto di probabilità 1,31), nascita pre-termine e perdita della gravidanza. E’ stata evidenziata anche un’associazione tra bere il caffè e il rischio di frattura nelle donne, ma non negli uomini.
Gli autori di questa imponente rassegna comunque sottolineano la necessità di ulteriori studi randomizzati per capire se le associazioni osservate sono causali, ma, fatte salve le condizioni sopraccitate, si può non solo permettere, ma anche consigliare di bere il caffè.