Uno studio danese e due grandi trial americani confermano l’utilità nella prevenzione di ictus e infarto
Sulle potenzialità degli acidi grassi Omega-3 nella prevenzione degli eventi cardiovascolari recentemente sono stati sollevati dubbi. In particolare, una revisione scientifica sistematica su 79 studi con 112mila pazienti, uscita quest’estate ha mostrato che un’aggiunta, sotto forma di integratori di acidi grassi Omega-3 a catena lunga, (acido eicosapentaenoico- EPA e acido docosaesaenoico-DHA) non sembra ridurre in modo significativo il rischio di morte per ogni causa, né l’incidenza di malattie cardiovascolari (infarto, ictus, aritmie).
Tuttavia i risultati di altre ricerche da poco pubblicati riportano in primo piano vantaggi specifici nella prevenzione cardiovascolare degli acidi grassi polinsaturi (PUFA).
Uno studio danese pubblicato da poco sulla rivista Stroke ha verificato l’associazione tra vari tipi di ictus e la quantità di Omega-3 assunti con il pesce, verificando anche la maggiore o minore presenza di acidi grassi nel tessuto adiposo dei soggetti esaminati.
I pazienti appartenevano a un gruppo di 57.053 persone di età compresa tra 50 e 65 anni (The Diet, Cancer and Health cohort), che hanno compilato un questionario sulle abitudini alimentari e sono stati sottoposti a una biopsia del tessuto adiposo al basale. Durante 13,5 anni di follow-up 1.879 partecipanti allo studio hanno sviluppato un ictus ischemico.
Le persone con una maggior quantità di EPA nel tessuto adiposo hanno avuto una minore incidenza di ictus (HR 0,74, IC 95% 0,62-0,88), inoltre sono stati rilevati tassi minori di aterosclerosi nelle persone che assumevano con la dieta più PUFA n-3 contenuti nei pesci grassi (sgombro, salmone). Al contrario il rischio cardioembolico è risultato maggiore in chi assumeva più PUFA n-3 con la dieta e ne aveva una maggiore quantità nel tessuto adiposo.
Gli autori concludono: “L’EPA è risultato associato a un rischio più basso della maggior parte dei tipi di ictus ischemico, a parte il cardioembolismo, mentre sono stati osservati risultati poco significativi per l’assunzione totale di PUFA n-3 dal pesce.”
A questi dati si aggiungono i risultati di due studi presentati all’ultimo meeting della American Heart Association (AMA) e pubblicati sul New England Journal of Medicine.
Lo studio randomizzato, in doppio cieco Reduce-IT condotto su una popolazione di oltre 8.000 soggetti con livelli di trigliceridi compresi tra 150 e 500 mg/dl, già in terapia con statine. Lo studio ha evidenziato che il rischio di eventi ischemici, inclusa la morte cardiovascolare, è risultato significativamente più basso tra coloro che hanno ricevuto 2 g di un prodotto ultra-puro a base di un acido grasso omega-3 (EPA) due volte al giorno, rispetto ai soggetti trattati con placebo.
La riduzione degli infarti fatali e non fatali, nel gruppo di pazienti che avevano assunto l’Omega-3, è stata del 31% rispetto al gruppo di controllo, mentre il rischio di ictus fatali o non fatali è diminuito del 28%. La terapia con Omega-3 in questa popolazione di pazienti ha ridotto del 20% il rischio di mortalità cardiovascolare.
Lo studio VITAL ha evidenziato l’efficacia degli Omega-3 nella prevenzione primaria dell’infarto del miocardio. Lo studio è stato condotto su una popolazione di 25.871 americani adulti sani (età media 50 anni per gli uomini, 55 per le donne), senza una storia di malattia cardiovascolare pregressa. Per una durata di 5,3 anni i soggetti sono stati trattati con vitamina D3 e/o con 1 g/die di Omega-3.
Dall’analisi dei risultati dello studio è emersa una riduzione del rischio di infarto del miocardio pari al 28% e del rischio di infarti fatali del 50%. L’effetto è stato maggiore tra i partecipanti che consumavano poco pesce (meno di 1,5 porzioni la settimana), tra i quali anche la riduzione degli eventi cardiovascolari totali è risultata significativa, e pari al 19%